mercoledì 28 maggio 2014

#Racconto 9 - Il fiore di Carciofo (rivisitazione del brutto anatroccolo)

C'era una volta, una qualsiasi,
un grande campo che in primavera si popolava di fiori coloratissimi e profumati e di rianimata vita. Le api svolazzavano rincorse dalle libellule, le formiche erano già operose per l'inverno, i bruchetti strisciavano qui e lì e tanti altri simpatici animaletti trascorrevano le loro giornate tra quei fiori.
Tra tutti ve n'era uno che però restava nascosto. Svettava nel campo alto e irsuto, con un gambo tozzo. I suoi petali erano grossi e duri e di nessun colore, difatti era, da capo a piedi, di un verde decisamente spento. 


Gli altri fiori, dai colori vivaci, dalle forme eleganti e dai profumi più disparati, non gradivano la sua presenza, si burlavano di lui ed erano felici che, nonostante la sua altezza, nessuno potesse notarlo in mezzo ai loro bellissimi colori. 


Diversamente, tanti erano i suoi amici tra gli ospiti del campo: il suo gambo era un solido appiglio per le ragnatele dell'amico ragno che, tutto l'anno, gli faceva compagnia; gli uccellini erano felici di potersi fermare su di lui nei lunghi tragitti per attraversare la distesa di fiori, il bruco spesso veniva su di lui a grattarsi la pancia e le formiche beneficiavano della sua ombra tra un trasporto e l'altro. Il fatto che fosse così ben voluto dalle creature del campo non gli rendeva, però, meno fastidiosi gli insulti e i pettegolezzi dei fiori che, consci della loro assoluta perfezione, non mancavano occasione per rinfacciargli il suo poco gradevole aspetto. 


Durante la bella stagione vi era un giorno ogni settimana in cui i fiori gareggiavano per un ambito premio: un posto d'onore nel paniere d'oro.  
Difatti, tutti i sabati, un contadino, sul far della sera, passava dal campo e sceglieva i fiori più belli per riporli nel suo paniere di legno chiarissimo, tanto che al sole del tramonto pareva dorato. Nessuno faceva ritorno dal luogo in cui li conduceva. Si diceva, tuttavia, che doveva essere davvero un gran bel posto perchè ci andavano i migliori fiori, dai più bei colori e dai più dolci profumi. "è certamente - vociferava il campo - un posto dove i fiori più meravigliosi passano le giornate ad essere idolatrati... I bei fiori solo quello vogliono e solo quello sanno fare!". Così ogni settimana i fiori si preparavano come potevano per arrivare al sabato pieni dei migliori pigmenti colorati e carichi dei migliori profumi della natura. Gli uccellini, in cambio di qualche buon seme, portavano persino piccole foglie d'acqua a rifocillare i fiori dal gran caldo nelle giornate più secche... Non vorranno mica bruciare i loro petali delicati!

E intanto il Carciofo, questo il suo nome, se ne stava irsuto in mezzo al campo a cercare di non pensare alla sua triste condizione e aiutando i piccoli esserini che passavano sotto il suo gambo. "Non ti coglierà mai nessuno! Solo i fiori più belli vanno nei luoghi incantati nel paniere dorato!", "il contadino è un giudice attento! Non penserai certo che possa scegliere il tuo verdone triste per il suo paniere dorato!" ... No, difatti non lo pensava.
Gli animali lo consolavano: "a che ti serve essere bello - diceva l'amico ragno - se sei così amato per il fatto di essere così buono?", "sì, - rispondeva la compagna cicala - noi ti vogliamo bene e troviamo bello il suo utile gambo, così solido!", "nessun fiore arriva più vicino al sole di te!" aggiungeva la coccinella. Il Carciofo fingeva consolazione davanti alle frasi dei suoi amici ma dentro di sè continuava a sentirsi inadeguato e triste. "I fiori nascono per essere belli... Sono un fiore storpio e nessuno mi amerà mai...", pensava.

Una sera era più triste del solito e, mentre il sole deponeva il suo ultimo raggio, sentì come un cattivo presagio, quella sensazione mai provata prima tra i suoi grossi petali lo turbò. Passò la notte a contemplare la luna senza poter riposare molto.


Il giorno seguente c'era molto fermento, i fiori si preparavano alla gara. La settimana precedente avevano vinto numerose margherite, le peggiori narcisiste, e quindi erano molto speranzose di poter piazzare qualcuna di loro. I papaveri, i più alti tra i fiori, erano indaffarati a drizzare i petali mentre le campanelle prendevano gaudenti il sole. Questa settimana si erano preparate bene, erano cresciute e avevano sviluppato un candido colore bianco acceso, merito anche del venticello che le aveva ben pulite dalla polvere, la loro peggior nemica! 


Il Carciofo se ne stava triste e stanco a guardare i preparativi fino a quando l'amico ragno urlò: "oh, buon sole! Ci vedo bene?? Cosa hai fatto amico Carciofo?", il Carciofo si agitò: "cosa vedi, ragno?". Tutti gli animaletti alzarono gli occhi al cielo e, cercando di guardare bene, nonostante il gran sole, sussultarono tutti in coro.
Questi tumulti richiamarono l'attenzione dei fiori che, voltate le loro corone, strabuzzarono gli occhi!
A quel punto il Carciofo non sapeva che pensare! "Insomma, qualcuno mi risponda! Cosa mi è successo?", ma tutti avevano la bocca intorpidita e non riuscivano a rispondere. "Me lo sentivo!" gridò il carciofo! L'uccellino che aveva assistito alla scena corse con una fogliolina piena d'acqua e ne raccolse altra fino a quando non riuscì a riversarne abbastanza da creare un piccolo specchio d'acqua ai piedi del Carciofo. Quando si vide riflesso al Carciofo non sembrò vero... Era bellissimo! Aveva aperto i suoi grossi petali verdi e tristi facendo fuoriuscire un folto gruppo di sottili petali lilla che contrastavano con la corona giallo girasole! Il sole baciava la sua bellezza facendo accendere i suoi colori e rendendo ancora più evidente la sua testa in mezzo al campo. Era molto più grande degli altri fiori e senz'altro il più originale! 


Gli animaletti, ripresisi dalla novità, cominciarono a fargli gran festa mentre i fiori parlottavano gelosi e arrabbiati. "Come hai fatto?", gridò un gelsomino. "Non lo so! Mi son svegliato così!", rispose felice il Carciofo che pensò di essere stato ripagato per tutta la tristezza riversata e per l'aiuto ai suoi piccoli amici. "Sì, non lo sa...!", rispose girandosi polemico un ciclamino. 
Il gruppo festoso non fece caso alle polemiche e continuò a congratularsi con l'amico finalmente felice!

Arrivò il tramonto e, puntuale, il contadino arrivò al campo per fare la sua accurata scelta: prese 7 grosse margherite gialle (le solite fortunate!), 5 papaveri, 2 mazzi di campanelle e al centro mise il Carciofo che salutò di fretta i suoi amici animali. Erano tutti tristi per il fatto che l'amico andasse via ma anche felici per lui che, finalmente, sarebbe stato adorato come meritava.


Arrivato a casa, il contadino, distribuì i fiori sul tavolo e le sue figlie li divisero in diversi vasi per la casa. Il carciofo finì in un grande vaso di terracotta davanti alla finestra. Non era dispiaciuto di stare da solo perchè tutta la famiglia del contadino non faceva altro che esaltare la sua bellezza. Succhiò molta acqua dal suo bel vaso e si godette gli ultimi raggi di sole felice e soddisfatto. I giorni a venire se li immaginava felici, era nel paradiso dei fiori, lui, proprio lui! Quasi non se ne capacitava! Mentre calava la notte si domandò dove fossero tutti i fiori delle scorse settimane... Mah! La domanda non gli sostò per molto in testa.

Il giorno dopo già sentiva forte la mancanza dei suoi amici e cominciò a sentirsi un po' debole e stanco. La piccola della casa versò dell'acqua fresca nel suo vaso e si sentì subito meglio. "Come mi trattano bene qui!", pensò. Le sue giornate trascorsero per un bel po' di giorni felici e spensierate a guardare fuori dalla finestra le bambine giocare con le galline. Poi notò, però, che gli altri fiori cominciavano ad appassire, a spegnere i loro bei colori e ad afflosciare i loro petali... Stavano morendo. Stupito cercò di capire come fosse possibile che, in quel luogo da tanti desiderato, i fiori del suo campo morissero! Alla fine della settimana vennero buttati via e lui si sentì molto triste... "La stessa fine la farò io, forse?"

Altri giorni trascorsero e altri fiori passarono nella casa... Fino a quando l'acqua fresca non gli fece più un gran effetto benefico e capì che la sua ora stava giungendo. Triste, ricordò i giorni di felice bruttezza nel suo campo, con i suoi amici e con gli altri fiori brontoloni... Capì la sensazione di quella sera e, scoraggiato, si lasciò andare. Il  suo gambo si annerì e diventò morbido tanto da non reggere più il peso della sua grande testa lilla, anche se ormai era spenta... Si piegò sotto i colpi dei dolorosi ricordi e dello sfinimento. La contadinella più piccola, l'unica che si era davvero affezionata alla grande testa lilla del Carciofo, molto triste, lo buttò via. Le passò presto...

La sera suo padre avrebbe portato altri fiori ma non portò mai più nessun Carciofo.


lunedì 19 maggio 2014

Montagne di parole

Rileggere mille volte messaggi, lettere, frasi, significa il più delle volte arrampicarci alla ricerca di significati nascosti... Impareremmo a memoria fiumi di quelle parole se solo ciò servisse a farci sentire più sicuri, più amati e più sereni. A volte invece ci arrampiachiamo sulle nostre parole per arrivare alla vetta dell'attenzione di qualcuno. Come quando telefoniamo e, invece di riattaccare, tentiamo l'azzardo e cominciamo a parlare di cose leggere e inutili celando il desiderio di voler parlare di cose ben più profonde. E più l'altro non capisce che il nostro è solo un codice esasperato, fatto di parole a raffica, senza senso, alternate a risate isteriche, più noi ci sentiamo frustrati, arrabbiati e tristi, quasi disperati: "perchè ti ho chiamato? Tu non capisci! Perchè non capisci?". Quando ciò che vorresti è che sia l'altro ad indagare nei tuoi messaggi per scovare quei dettagli che, in quel momento, le parole non sanno dire.

martedì 13 maggio 2014

Caro diario - parte 2

Estate 2005
                                  Diario… questa è una parola strana per me…
Non ho mai avuto un diario e le poche volte che ci ho provato è stato un vero e proprio disastro...
Tuttavia credo che sia utile per il futuro, per non dimenticare gli errori e le difficoltà in modo da capire quando queste difficoltà le hanno gli altri...
Ma anche per ricordare le giornate più belle, più divertenti e… tanti e tanti altri momenti.
Questo “Diario” parlerà della mia vita attuale di 13enne…


Questa l'introduzione del mio diario. 
Certamente è interessante leggerlo oggi... Posso dire che un po' sono tornata ad allora e, da questo punto di vista, nulla, in effetti, è veramente cambiato (eccetto le "x" e le "k" contro le quali ho eseguito un'accurata damnatio memoriae della quale, sono certa, siamo tutti contenti). Del resto questo blog è un po' un diario nel quale cerco di far trasparire tutta la mia "tremenda voglia di Vivere". La mia voglia di Vivere al meglio, cioè, anche se la cosa può spaventare sembrando un'impresa "tremenda", la mia voglia di ricordare dei ragionamenti, delle esperienze e delle storie. Per ogni post di questo blog, come per ogni frammento di quel diario, ricordo ogni sensazione, ogni dolore ed ogni gioia, ogni persona alla quale stavo pensando mentre scrivevo ed ogni desiderio che si nascondeva dietro ogni frase... Fino a quando non ho smesso di voler ricordare e mi sono dovuta impegnare ogni giorno per ogni singolo di quei giorni.

Oggi mi rendo conto, dopo che ho superato molte cose, che c'è stato un momento in cui ho dovuto raccogliere i cocci, riordinarli e vedere cosa era cambiato, dove avevo sbagliato e quale situazione/sentimento era da buttare via.
Ricordo i momenti in cui c'era solo da piangere per me ed era, in effetti, l'unica cosa "di cuore" che facevo. La mattina, prima di entrare in classe, nel bagno con i pavimenti sporchi e i listelli in fintissimo legno; a mezza giornata, accanto al mio compagno di banco che mi guardava con la coda dell'occhio e non aveva il coraggio di domandarmi nulla e al quale un giorno ho chiesto scusa per questo; quando tornavo a casa, passando da una mia amica per non tornare con qualcosa che non somigliasse almeno vagamente ad un sereno sorriso; la sera quando, prima di dormire, mentre immaginavo di scomparire, piangevo ancora più forte perchè non era ciò che realmente volevo... Quando pensavo che io, in realtà, volevo Vivere. 



Mi sono sempre sentita piuttosto tranquilla rispetto alla mia giovane vita da "piccola"... sin da quando, da sola il casa, pensavo ad un bilancio dei "settori della mia vita"... Il bilancio lo facevo più o meno così:
Amici: bene, pochi ma buoni, non ne voglio altri perchè non è importante circondarsi di gente che non serve.

Famiglia: bene, fortunata, ordinaria amministrazione.

Scuola: mah, si tira a campare, dare il meglio ogni giorno è difficile ma dobbiamo mettercela tutta per forza quindi, tanto vale, darsi da fare.

Amore... Oh, che parolaccia questa! Pensate che avevo così paura di rimanere sola per tutta la vita che non riuscivo a vedere immagini che potessero ricordarmi questa drammatica e, pensavo, inevitabile condizione. Certo era divertente quando mia madre (inconsciamente?) mi diceva nella rabbia che sarei rimasta sola per il mio caratteraccio (e oggi si domanda come faccia Daniele e quanto gli angeli del paradiso lo ritengano "poverino" per il fatto di dovermi sorbire)... Insomma, sull'argomento ero piuttosto problematica e, devo ammettere, è stata una cosa che mi ha condizionata non poco nella quotidianità. Come quando entravo mezz'ora prima a scuola perchè in questo modo potevo entrare da sola e non essere vista da nessuno... Che ci potevo fare? Gli eventuali sguardi della gente mi facevano venire, letteralmente, la nausea! O come quando camminavo per strada e mi sentivo inadatta, prendevo le strade più isolate e buie, sempre per i motivi di cui sopra, e incrociare qualcuno mi metteva a disagio. Il mio amico Fabio mi diceva sempre che un giorno mi sarebbe capitato qualcosa di brutto per quelle strade e mi sarebbe dovuto venire a cercare in pigiama... Ringraziando il fato, non è mai accaduto nulla (forse solo una volta... Ma non era in pigiama!). Insomma, ero problematica. Ed era la prima cosa che dicevo quando qualcuno mi si approcciava: "stai attento perchè ho un brutto carattere!"... d'altra parte me lo diceva mia madre e chi meglio di lei poteva saperlo? Mi fidavo, insomma.

Come si può notare la cosa che più mi condizionava era... L'adolescenza. Sì, dai, diciamocelo... Si può storcere il naso leggendo le mie passate manie ma non credo ci sia qualcosa che non sia comprensibile. Di adolescenti strani n'è pieno il mondo ed io ero solo una di questi. Per poi non parlare delle fissazioni, delle manie, dei blocchi che ognuno di noi ha e mantiene per gran parte, o per tutta, l'età adulta! Ragazzi, siamo persone ed è tutto naturale, la normalità non è di questo mondo.

Poi le cose sono cambiate, come sapete, e sono finita a piangere ogni giorno nei bagni della scuola. Le priorità sono cambiate e, fortunatamente, questa situazione, anzichè aggravare le mie difficoltà "sociali", le ha fatte lentamente sparire. Ho imparato a comportarmi... Non tutto in una volta, ovviamente, ma poco alla volta, passo dopo passo, ho capito molte cose, ho lasciato perdere delle altre e alcune le ho semplicemente perse di vista. Poi ho anche capito però che molto di ciò che ho perso di vista in quegli anni deve essere recuperato.

martedì 6 maggio 2014

Caro Diario

"Caro Diario che mi ascolti
I tuoi fogli sono molti

Ma i miei giorni sono tanti

E i ricordi sono canti

Li racconto, li rivivo

Li ricordo se li scrivo

E se non ricordo più

Li racconti tu"


Ho voluto cominciare questo post con questa filastrocca perchè è quella con cui, in un (ormai non più tanto) famoso programma per bambini della mia generazione, lo gnomo protagonista chiudeva la puntata dopo aver raccontato al suo diario ciò che era successo... Era un must, il racconto, in quel programma... Tanto è vero che in uno "spin-off" il nuovo personaggio usava un librone... Ma vabbhè, non divaghiamo. 
Insomma, questa filastrocca, mi convinse, da bambina a scrivere un diario... Esperimento fallito perchè ero troppo pigra e, forse sopratutto, la mia vita era troppo poco interessante per poterci scrivere qualcosa, giornalmente o anche a periodi più lunghi. Così lasciai perdere... 
Ma a 13 anni ebbi un'intuizione: un giorno mi resi conto la mia vita stava cambiando e mi stava portando cose nuove, che mi avrebbero a loro volta portato a non essere più quella di prima. Mi venne voglia di raccontare ad un diario, ormai telematico, ben segretato da un prototipo di password per file word (ero una ragazzina dalle mille risorse), solo gli episodi  più interessanti della mia vita da adolescente, i gossip diciamo. La cosa andò avanti per un po'... Dalla seconda media, più o meno, arrivai poi alle superiori quando raccontavo al mio diario le difficoltà del cambiamento e, in particolare, delle difficoltà del nuovo "livello scolastico", molto più alto, che, mi rendevo conto, avrei dovuto affrontare per molti anni. In quel momento il mio diario non fu più gossip ma scuola, solo scuola. E non compagni (compagnE nel mio caso, eravamo tutte ragazze) ma professori, compiti, verifiche, materie... studio insomma. La mia routine era diventata quella, fu difficile... All'inizio piangevo tutti i pomeriggi ma, nonostante le suppliche di mia madre di cambiare classe o scuola, io decisi di affrontare tutto. 
Il mio diario iniziò a svuotarsi... Lo studio non era così interessante e le mie compagne nemmeno. 

Poi arrivò un momento, molto preciso, in cui smisi di scrivere... L'ultimo frammento recita "oggi non mi va di parlarne". Poi più niente. Arrivò in quel momento della mia vita qualcosa che cambiò tutto, la ruppe e l'unica cosa che mi rimase era la scuola. Certo, le mie amiche di sempre erano ancora con me e mi hanno aiutato come potevano a farmi pensare ad altro. Ma io, che ero già piuttosto chiusa e mi ero un po' aperta l'ultimo anno di scuole medie, tornai a chiudermi in me ed in casa... A studiare. Tutti i giorni, per tutto il giorno. Dalla mattina alle 8 alla sera alle 8. Non facevo altro che compiti. I professori certo non me ne fecero mai mancare. Avevo perso tutto. Avevo perso me, la mia quotidiana serenità e il Sorriso, quello sincero e non quello "ottimista". L'unica cosa che era lì, immutabile, era la scuola, gli orari dei professori, le materie, i libri e i compiti. Ognuno di essi poteva, certo, cambiare un po' ma nella mia vita erano tutti lì, ad indicarmi cosa fare, come dovevo vivere la mia giornata.

Passarono gli anni e la scuola accompagnò sul suo finire qualche "problema adolescenziale" con i ragazzi. Ero cresciuta e, forse, mi stavo aprendo di nuovo. Non ero felice, ma vabbhè, la felicità, pensavo spesso, è un'utopia. "L'importante è la serenità", il motto di mia madre.

Finita la maturità mi sentivo un persona nuova. Un nuovo taglio di capelli accompagnò questa sensazione assieme ad un simpatico e agghiacciante viaggio da sola con le mie amiche. Essì, "eravamo fatte grandi".
Quasi dimenticata la vecchia, una nuova nube nera si affacciava però al mio orizzonte... E mo' che faccio? Inutile dire che fare i test d'ingresso con domande che potessero anche solo lontanamente contenere riferimenti alla matematica, per una del classico, si mostrò un disastro. 
Tuttavia mai ringraziai tanto Iddio per avermi fatto ciompa in matematica quanto quando mi ritrovai a Giurisprudenza e incontrai uno splendido (e non vado per eufemismi) ragazzo che riuscì (forse a culo, solo per conquistarmi? Alcuni storici ancora se lo domandano) a vedere oltre lo smarrimento di una nuova studentessa e oltre i sorrisi di circostanza da mostrare ai nuovi amici... nei miei occhi lui vide la mia profonda tristezza. Ero una ragazza spezzata, uno zombie che studia e parla parla parla, dicendo cose, mai però fuori dalle righe... che si nasconde dentro i suoi maglioni larghi e svasati ma che sta sempre a schiena dritta. Se la vide davvero, quella tristezza, quando mi disse "tu hai degli occhi tristi" forse, come detto, non lo sapremo mai (Amore, si scherza!) ma certo è che subito dopo che lo disse si accorse che aveva ragione... E me ne accorsi anche io.

Potrei ovviamente continuare ma il tempo corre e il dovere incombe. 
Continuerò questa storia... Forse.



lunedì 5 maggio 2014

(RI)salire, Insieme.

I rapporti affettivi devono essere sempre di Assoluta parità. In Ogni situazione.

Quando si commette un errore si perdono, poniamo, un 20 cm. Il rapporto appare così squilibrato e non si è più in sintonia. Allora è in questa preziosa occasione che a chi ha sbagliato può venire concesso un Privilegio, quello di chiedere scusa, e a chi ha subìto l'errore di poter compiere un atto di Umiltà, accettando le scuse: sbagliare è umano e bisogna sempre ricordarsi degli errori propri che, stiamo pur certi, ci sono. 

Ho forse sbagliato a scrivere? Invertito i termini? No no, assolutamente, è quello in cui credo: chi sbaglia deve approfittare (se ce l'ha) di un privilegio mentre è chi riceve le scuse a dover essere Umile. 
Questo perchè le scuse non si accettano dal quel vantaggio di 20 cm che abbiamo sull'altro ma si Accettano davvero quando ci si abbassa noi stessi di quella 20ina di cm per poter risalire la china insieme... è il rapporto che vince o perde. Difatti, prendendo per vero il fatto che gli Amici sono la famiglia che scegliamo per noi stessi (lo stesso per la persona che si sceglie, romanticamente, di Amare), possiamo accettare con facilità anche una frase a me molto cara di una delle famose Tate di la7: "La famiglia è una squadra, o tutti si vince o tutti si perde".

Da non dimenticare, poi, è il fatto che la base di tutto è la Volontà. Non l'affetto! Potrà apparire strano ma è una verità garantita e certificata. Due persone possono amarsi, molto e sinceramente, ma se non c'è più in loro la volontà di venirsi incontro, il loro amore, benchè vero, non varrà a molto per donare loro un futuro. Così si deve cercare sempre la Volontà di scendere e la quella di salire: è la volontà, in Amore, a far scattare la maiuscola!

La china, quindi, in un rapporto sano e basato sul vero, non la si lascia mai risalire all'altro in solitudine, la si affronta sempre insieme, uniti, perchè "rapporto", oltre che Confronto, vuol dire Unione.
Risalire potrà essere semplice o estremamente difficile ma le posizioni di partenza devono essere le stesse e devono essere sincere. 

Solo in questo modo si potrà tendere all'Infinito.